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Gocce d’estate
Ad una certa età, alcuni sentimenti,
che in gioventù scorrono come fiumi in piena,
diventano rivoli di pioggia,
a volte, persino, arginati da una diga
a cui l’acqua muove contro,
ma non riesce ad uscire.
Ma a te,
sebbene non più giovane,
tra gli ombrelloni e la sabbia,
tra le labbra salate
e la leggerezza dell’estate,
catturò forte una passione
che ebbe la faccia tosta
di non mettersi in prigione.
All’alba di quel fermento,
prendesti quattro onde
e qualche grammo di brezza,
per costruire una zattera ed una vela,
su cui far salpare una calda tenerezza.
Su un foglietto rosso,
scrivesti una frase dolce,
da spedire con le rose,
ma, prima del fioraio,
ci pensò il temporale,
a mettervi, sotto la tettoia,
e poi l’arcobaleno,
a prendervi sottobraccio,
per farvi stare insieme.
Come due note di uno spartito,
messe tanto vicine,
che se una suona, l’altra vibra,
così eravate in quella composizione
nata e cresciuta sotto il sole.
Quelle morbide emozioni,
non volevi fossero un ricordo,
quando l’autunno
avrebbe messo ombra al giorno,
e perciò, quella sera,
ti mettesti un anello in tasca,
per dirle che la vostra storia
non finiva con agosto.
Ti rispose una donna
che doveva fare ritorno
ad un vecchio indirizzo,
dove c’erano radici
che, a tagliarle, aprivano ferite.
Ti allontanasti,
per non vederla partire,
camminando senza meta e senza sosta,
tra il silenzio delle domande
e il rumore delle risposte.
Al calare della notte,
prendesti le quattro onde
con i grammi di brezza,
e li avvolgesti in due gocce d’estate,
per posarli nel cassetto dei ricordi,
quando sentisti la sua voce…
…e ti girasti,
per scoprire se c’era lei
o l’eco di un tuo pensiero.
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Scorre il senso della vita
Autore: Maria Luisa Bandiera
Scivola il tempo,
scorre come sabbia
tra le dita.
Asciugate le orme
di passi antichi, fuggita
è l’impronta della vita!
Sfumati sogni
realizzati e non,
adombrano la via.
E dilagano emozioni
nell’attesa speranzosa
che non sempre appaga.
Dolce il cuor si perde
all’ombra di quel pensiero
che mai muore.
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No non sarà la stessa storia
Siamo simili
quando le mani si incontrano
tra le crepe della vita
ma non credere di avermi tuo
di quante scene credi
di credere di poter contare
di poter stravolgere e strafare
con la mia pelle
soltanto perché tu hai condiviso
la tua lacrima
che non ha lo stesso sale.
Se anche siamo simili
certo non sarà la stessa storia
non ci sarà lacrima a colmare
né pianto a contare
delle nostre storie incredibili.
No non sarà la tua storia
né la tua gloria
a tenerci mano alla bisogna
né il credo
storie di un mondo
ormai spento in cima,
io vedo del paradiso prima,
che dei diavoli in consesso
a far carneficina!
Autore: mp47pasquino
Poesia scritta il 16/02/2012
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Capitan Uncino
Due occhioni neri,
due fari accesi sul mondo
e il sorriso sulle labbra,
a volte vero, a volte falso.
Due gambe forti,
per scappare lontano,
quando la rabbia era tanta
da non riuscire a tenerla calma.
Lo chiamavano Capitan Uncino,
per via di quel braccio che,
chissà per quale capriccio,
uguale all’altro non volle uscire.
Lo chiamavano Capitan Uncino,
ma non era un pirata cattivo.
Non aveva vendette da consumare,
né colpe da pagare,
ma era nemico di se stesso,
quando si sentiva solo e depresso.
In quel un tardo pomeriggio
di una giornata un po’ grigia,
con qualche pizzico di freddo
e una manciata di nebbia;
a due passi dalla riva,
sulla terra smossa,
che l’estate riempiva di zanzare
e la pioggia rendeva molle,
Capitan Uncino giocava con il cane,
dalla coda mozza,
che correva a riportargli
il pezzo di ramo
che gli lanciava apposta.
Più in là,
a cavallo di uno scoglio,
un giovane pescatore
lanciava l’amo con l’esca buona.
Lancia, rilancia, tira,
e venne quasi a galla
il pesce caduto nella trappola,
ma chi gliela aveva tesa
scivolò dall’umida pietra
e vi battè la testa,
perdendo i sensi e ciò che aveva preso.
Gridò forte Capitan Uncino,
per farsi sentire da qualcuno,
ma il vento lo zittiva
e gli mandava il fiato indietro,
tra l’imbrunire che diventava sempre più nero.
Il cane abbaiava,
a ciò che si muoveva,
a ciò ch’era fermo,
a ciò che qualcosa gli pareva,
mentre Capitan Uncino
si teneva alla roccia
e, con il braccio corto,
arpionava la cintura di quel corpo
che scorreva nel fiume mosso.
Tre minuti di lotta estrema,
per non mollare la presa,
poi, l’ultimo grido di aiuto,
per non sentirsi perduto.
Finalmente, un uomo,
e ancora altre persone,
a portare via dalla corrente
il pescatore sfortunato e Capitan Uncino,
stanco ma sorridente.
Due pacche sulle spalle,
tra gli evviva e gli urrà,
ma, subito dopo, un temporale,
a zittire gli applausi
e a chiudere le porte di casa.
Qualche pezzo di legna,
da bruciare nel camino,
un cane sul letto,
due occhioni neri
…e Capitan Uncino
in una notte da dormire,
come eroe di una storia vera.
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Natura
Autore: Maria Luisa Bandiera
Rosata è l’alba,
di primo mattino
soffia il vento
tra sussurri di foglie,
poi nasce melodia
d’un passero il volo
e l’allegro cinguettio
nel cuor s’espande
mentre s’alza il sole
che abbraccia la terra.
Quando s’affaccia l’alba
di rosa tinge il cielo,
pare un mosaico
tra rosate nubi.
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In Quella Bottiglia
Autore: Maria Luisa Bandiera
In quella bottiglia
c’era tutto di me,
il mio sentire, la mia storia,
l’ho affidata al mare
affinché si disperdesse
lontano da tutto,
soprattutto dalle città.
Avevo scritto di me
della mia sete di te,
della mia brama di te
insieme ai tormenti.
Ma quella tua impronta
è rimasta impigliata
tra i miei indelebili ricordi
e ogni giorno io ti scrivo.
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Verrà quel giorno
autore: mp47pasquino
Gli uni
si accomunino agli altri
nel silente viaggio
nella monda di quei mali,
la soglia d’arroganza si calpesti,
la terra arde
in quel sussultar menzogne d’uomo
e si rattrista…
geme tra sismi ondulatori
e baratri nascenti, la sinistra
mano che protesa toglie…
refoli, fumo
su coscienze crude
l’impeccabile pretesa
quel disperder gli ideali
a strozzar le gole arse dal digiuno…
esala arida la terra
al tremar percuote rabbia
tra genti false ad osannar denaro
l’estorcere interessi e fare guerra…
scrosci di saette
tra anime perse dal bisogno
in quest’inondar profuso bene
tra banche ed uffici di finanza
l’uomo sgozzato in sudditanza
ringrazia e prega tanta tracotanza.
Verrà quel dì
furente tra gorghi
nei profondi abissi quel male dato
un giorno riverrà succhiato!
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A testa alta
Lungo il tuo cammino,
spargi la terra di gramigna,
sperando che attecchisca,
per fare ombra alla tenerezza
che vuoi non fiorisca.
Non abiti che tramonti grigi
e albe senza sole,
dove è straniero l’animo pietoso.
Te ne stai,
crudele avvoltoio,
dove guerra trovi,
predatore di pace,
altrove.
Così, te ne vai,
a testa alta,
con il tuo ego a fare da maestro
a chi si porta a spasso
la sua veste immacolata,
incurante dell’umana sofferenza.
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Sono stata …
Autore: Maria Luisa Bandiera
SONO STATA …
Sono stata pietra
e ti ho amato terra mia
per essermi amica vicina
e accolta nel tuo grembo.
Ed era amore.
Sono stata fiore
ed ho dialogato col fiore
d’un’altra specie
sul tempo e sulla pioggia.
Ed era amore.
Sono stata animale
come piccola ape
a suggere nettare
di fiore in fiore.
Ed era amore.
Sono stata umana
ed ho avuto te piccolo uomo
e ti ho amato più di me stessa,
ed ora sei nel vento …
ed era amore.
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Ciao, papà
Quando hai aperto quella porta
e hai scoperto le ore senza lancette,
forse avrai cercato un nesso,
tra le cose che avevi messe nel cassetto
e le altre che avevi buttate via.
Forse, ti sarai ricordato
di quand’eri bambino,
di qualche amore non vissuto,
di qualche ferita che ancora ti faceva male,
della donna che avevi amato,
di qualche odore e suono
che non avrai saputo
a quale frammento di vita appiccicare.
Quando hai aperto quella porta,
forse avrai pensato ad una poesia
che non riuscivi a ricordare.
Forse, ti sarà venuta in mente una canzone
che la tua chitarra intonava.
Quando hai aperto quella porta
e hai visto scendere la neve
e la pioggia subito appresso,
avrai cercato il silenzio
per coprirti dal freddo.
E quando la notte ti avrà fatto dormire,
forse avrai sognato di giocare,
come facevi da bambino.
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