Ad una certa età, alcuni sentimenti,
che in gioventù scorrono come fiumi in piena,
diventano rivoli di pioggia,
a volte, persino, arginati da una diga
a cui l’acqua muove contro,
ma non riesce ad uscire.
Ma a te,
sebbene non più giovane,
tra gli ombrelloni e la sabbia,
tra le labbra salate
e la leggerezza dell’estate,
catturò forte una passione
che ebbe la faccia tosta
di non mettersi in prigione.
All’alba di quel fermento,
prendesti quattro onde
e qualche grammo di brezza,
per costruire una zattera ed una vela,
su cui far salpare una calda tenerezza.
Su un foglietto rosso,
scrivesti una frase dolce,
da spedire con le rose,
ma, prima del fioraio,
ci pensò il temporale,
a mettervi, sotto la tettoia,
e poi l’arcobaleno,
a prendervi sottobraccio,
per farvi stare insieme.
Come due note di uno spartito,
messe tanto vicine,
che se una suona, l’altra vibra,
così eravate in quella composizione
nata e cresciuta sotto il sole.
Quelle morbide emozioni,
non volevi fossero un ricordo,
quando l’autunno
avrebbe messo ombra al giorno,
e perciò, quella sera,
ti mettesti un anello in tasca,
per dirle che la vostra storia
non finiva con agosto.
Ti rispose una donna
che doveva fare ritorno
ad un vecchio indirizzo,
dove c’erano radici
che, a tagliarle, aprivano ferite.
Ti allontanasti,
per non vederla partire,
camminando senza meta e senza sosta,
tra il silenzio delle domande
e il rumore delle risposte.
Al calare della notte,
prendesti le quattro onde
con i grammi di brezza,
e li avvolgesti in due gocce d’estate,
per posarli nel cassetto dei ricordi,
quando sentisti la sua voce…
…e ti girasti,
per scoprire se c’era lei
o l’eco di un tuo pensiero.
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