*
Un giro di forme,
distanza di decimi lievitati
con al centro grani
e poi ancora grani sollevati,
antichi suoni,
passaggio obbligato
sulle spalle del tempo
nel suo nascere e morire.
L’alfa è sempre stato
mistero…
*
*
Un giro di forme,
distanza di decimi lievitati
con al centro grani
e poi ancora grani sollevati,
antichi suoni,
passaggio obbligato
sulle spalle del tempo
nel suo nascere e morire.
L’alfa è sempre stato
mistero…
*
Autore: Rosetta Sacchi
E’ il defluire della tua vita in una goccia
Scivola inseguendo altre gocce
Vorresti frenare l’impeto del fiume
ma non hai braccia possenti
e a nulla servirebbero le mani e i piedi
o qualsiasi altra parte del corpo
quando la vita pare sfuggirti in un attimo
gocciolando al suolo in una macchia rossa.
Autore: mp47pasquino
Irrompere
l’arcano lido
svettando flutti tra marosi
ed approdar laddove l’eco appare…
soavi suoni magistralmente flessi
ed arpe celesti al tocco di una fata,
stanno a strimpellar pelle e sensi dell’udito
accovacciati al senno, da bagliori di serenità…
eppure sono un semplice tassello
dov’è la frode
che sgorga a malmenare fede e la ragione
oscillo tra miei sensi, postumi di volgarità…
quante trame
ha questa vita, avvolta nel pastrano
e quanto il tribolare umano
addosso a quelle pieghe nascoste, dalle oscenità…
quanto ancora
non ci è dato di sapere, dov’è la tremula fiammella
che sorregge vita, e l’altare di una comunione
solo segni vaghi, il resto lo sa l’aurora…
eppure vagando sensi
scavando anime e coscienze
troviamo la disperazione, di chi non ha,
e tante vite perse in segno dell’umanità…
orme di sola pelle
lasciate intorno agli altarini
e tanti buoni frutti in segno del perdono
mai fui così solo in questa moltitudine ribelle…
Poesia scritta il 29/04/2009
Autore: Rosetta Sacchi
Avrei voluto essere contigua alla tua luce
baciare le pietre e il tuo cammino
e chiudere il cancello del giardino
di rose e viole e ciclamino
e di verdi aiuole ai piedi d’un albero
il cui nome più io non so dire
Avrei voluto prendere il treno
un dì lontano tra mille dubbi
timori ed interrogativi
E giungere alla tua dimora
come per caso
stupirmi della mia sorpresa
Che ardua impresa
quella mai compiuta
come la tua col solo tuo pensiero
fisso ai binari
e i piedi in altra direzione dove
il tuo mondo le regole dettava
Nessun cielo è testimone dei nostri sogni
se non a nord e a sud l’aereo spazio
pregno di differenti solitudini
e di lune e stelle che hanno il nome
che noi diamo con estrema convinzione
e il più delle volte errato…
Amore che più non comprendi
delle parole il suono e neppure il senso
il tempo è tutto tuo ed è infinito
Caronte dall’altra sponda mi sorride
mentre lievita nell’aria
un desiderio anomalo di quiete.
E tutto è racchiuso in un sospiro.
Il dolore non c’è
è rimasto all’ultima fermata
di quel bus che t’ha portata via.
Come in un film
hai raccolto la paura
sotto i lampioni spenti
ed all’orlo di una parete annerita
hai scavato un buco per seppellirla.
Ed ora spalmi parole di miele
dicendo addio
in questa prateria di sole
dove anche le ombre
lacrimano.
Palermo, 20 febbraio 1963
Come un soffio, che abbatté
la barriera dell’indifferenza
la voce, si fece sentire…
forse era più un lamentoso
ardire, più che una supplica
per chi nulla, voleva sentire…
sbuffò all’inizio
parole masticate dal vento
per poi trovare la giusta sede
in quella sera, che diventò
miniera di preziosi ricordi…
_Non capisco, proprio non capisco
del perché io sia diventato così
immateriale ai vostri occhi
e sfuggente ai vostri pensieri,
eppure vi fu un tempo, quando
avevo un ruolo nella famiglia
in cui ogni cosa veniva soppesata
e presa d’esempio, da chi in me
si raffigurava, come fossi
quel logico domani
e non uno scarto da abbandonare_
Come in un soffio, si disperdevano
nel vuoto, i sofferti pensieri,
quasi fossero soppesati da chi
in silenzio, ponderava una risposta…
_Non ho nulla da farmi perdonare
se non l’essere stato prima figlio
e poi padre, e in seguito nonno,
credendo d’aver dato il meglio di me,
se così non fosse
or mi inginocchio davanti a Dio,
poiché significa che ho mancato
al primario dovere a me
indicato, educare con rispetto
e nel rispetto, ognuno di voi,
non credo mi meritarmi l’oblio,
così come la mancanza
di questo mio respiro di vita,
ch’è come un soffio vitale
nell’infinito cammino_
Il vento improvvisamente calò
divenendo fioca brezza
di quel labile soffio,
mentre le parole si dissiparono
fra le labbra di chi era in ascolto,
improvvisamente qualcuno si alzò
emulato dagli altri
e tutto divenì amore,
quell’amore come mai
fino allora, era stato.
© Saverio Chiti, 20 luglio 2023
Autore: Elena Artaserse
Attraverso la distesa della notte
nella fonda penombra
come schegge dipinte
guizzano scintille d’inganni
che con affabile freddezza
si portano via qualcosa di me.
Mi ritrovo lucida e cupa
in un’altra dimensione
senza più nulla tranne i ricordi.
Tutto svanisce nel disincanto
pacificante del mio piccolo mondo
in cui prende forma l’oblio.
Mi rifugio nella mia splendida
gabbia dorata
e rivendico il mio diritto
ad essere felice.
Discende verso il basso
ogni mio pensiero concreto,
niente che sia diverso
dal solito andare
se non il momento
giudicato difficile
da questo mio povero cuore,
riflessione che digrada
verso nuove vie
per lo più difficili
da sostenere
ora che incerto è,
ogni percorso di vita…
C’è stato il tempo
dell’ orrore,
della paura più vera
di quella che attanaglia il cuore
e tutto ammanta di una coltre
ch’è molto simile al morire,
poi altri momenti in cui
la speranza l’ha fatta da padrona
sebbene non esista certezza
in questo mio andare,
poi ancora l’altalenarsi
di attimi vissuti sinceri,
ad altri talmente falsi
da rasentare quella placida follia
dell’ essere privo di un domani…
Spesso è lì che mi manca il respiro
e in silenzio trattengo il fiato
per timore di alterare ogni cosa
che sia una splendida notizia
o l’ imminente sconfitta
della ragione,
non saprei quanto posso resistere
in questa apnea, né se la pausa
da questa vita sia abbastanza,
quel tanto da correggere
ogni mio nuovo percorso…
Iniziai pochi anni fa
come foglia al vento
in un inverno malato,
per poi continuare a lottare
apprezzando sempre più
quel bicchiere mezzo vuoto
che la vita mi faceva dono.
Lungo da allora è il mio cammino
fatto di inciampi e di certezze,
così come di cure che all’ anima
lasciano il peso della vita,
ora non posso che respirare
facendo più attenzione ai ritmi
che Dio mi dona,
so solo che come un guerriero
errante, sotto il sole e la luna
il cielo mi vedrà in viaggio
verso l’eterno riposo,
ma non senza aver terminato
ogni mio respiro…
© Saverio Chiti, 9 luglio 2023
Autore: Rosetta Sacchi
Scrivo di mancate mietiture
e di filari in un ordine imperfetto
Tutto è tornato a te
la zappa l’aratro ed il bidente
E il grappolo maturo nelle vigne
che rigonfio sorride alle donzelle
allegre come vespe sopra i fiori
nel gioco dell’impollinazione.
Amore…
che vuoto dentro una parola!
Rimpianti elemosine di ore
pause ed inspiegabili silenzi
senza suono né cuore…
Amore scritto ma invisibile sui muri
Amore deragliato su binari
morti come sono morti
quei sottili fili tra di noi
Incompreso nei suoi deliri
irraggiungibile
come irraggiungibile è quel sogno
pensato solo d’uno.
I solchi nella terra son ferite
inguaribili e profonde
incrinature senza fioriture
ed hanno in sé perle gelate
d’un pianto senza fine…
Che belle quelle labbra mai sfiorate
quelle labbra d’un amore impronunciabile
Che bello il tuo viso così lieve
che si veste d’azzurro tra le nubi!
Ho ascoltato a lungo il canto delle acque,
ed ho sentito le note cadere
una dopo l’altra
goccia dopo goccia…
è venuto fuori un germoglio,
nuova essenza… nuova vita…
non paura…
ed ho sentito l’escluso con le sue speranze
umana effigie del dubbio divenire,
unica verità,
esistenza glabra tra le bufere
quando forti venti soffiano
sul nostro mare.