Ben, il pesciolino volante
Ben era nato nel grande acquario di un negozio di animali, una tiepida mattina di primavera, insieme a tanti fratellini e sorelline. Apparteneva alla grande famiglia dei pesci pagliaccio, aveva un carattere scherzoso e allegro ed era sempre pronto a dire una parola buona a chiunque ne avesse bisogno, anche a quelli appartenenti alla sua specie. In quella vasca era ben presto diventato il beniamino di tutti e per questo lo chiamavano brevemente Ben. Il piccolo, si poteva dire un pesciolino sereno, finché una triste mattina, fu venduto e venne portato via dall’acquario. Quel giorno si svegliò allegramente come al solito e dopo aver fatto colazione, cominciarono subito i primi giochi: a nascondino tra i sassi della vasca e tra i ciuffi d’alga, o a rincorrersi con gli amici e i fratellini. Quei giochi sfrenati non durarono molto perché, alcuni minuti dopo, tutti i pesci presenti nella vasca, compreso Ben e i suoi piccoli amici, intravidero attraverso i vetri spessi dell’acquario, l’avvicinarsi di una grande ombra minacciosa, quindi due occhi scuri dalle sopracciglia cespugliose che squadravano in ogni angolo e in ogni anfratto, alla evidente ricerca di qualcosa di preciso. Sul momento Ben non realizzò bene cosa stesse accadendo, ma quando iniziò il fuggi fuggi generale in tutte le direzioni, prese coscienza d’essere lui stesso in pericolo e si ritrovò all’improvviso a cercare d’evitare la trappola insidiosa di un retino. Per un po’ riuscì a sgusciare via rapidamente e a nascondersi, ma sembrava proprio che quel lungo braccio minaccioso lo avesse preso di mira e che seguisse ogni suo guizzo dappertutto. Preso dal terrore tentò in ogni modo di evitare il malefico retino nascondendosi dietro una roccia, poi dentro un’anfora, quindi tra le alghe ondeggianti e infine, guizzando da un angolo all’altro nel marasma generale. Tuttavia, la stanchezza si fece ben presto sentire e lo costrinse a fermarsi. Cosicché, con il cuoricino che batteva all’impazzata, si ritrovò sbattuto in un piccolo sacchetto di plastica trasparente e in un attimo fu strappato via dalla sua casa, dalla sua famiglia e dagli amici. Il distacco fu brutale e da quel momento tutto diventò confuso, tanto che Ben non si rese nemmeno conto di quanto grande fosse la tragedia accaduta e di essere ormai prigioniero di un gigante sconosciuto. Attraverso la plastica trasparente, intravide il suo piccolo, silenzioso e pacifico mondo sparire alle spalle e si ritrovò per strada, in un caos assordante fatto di clacson e di mostri meccanici che si muovevano in ogni direzione. Quel viaggio divenne un incubo per lui. Quelle cose mostruose e sconosciute sembrava lo perseguitassero, inseguendolo e a volte evitandolo per un soffio e Ben si fece piccolo piccolo, seppure in quel sacchetto non vi fosse spazio sufficiente per nascondersi. Per un tempo che gli parve infinito, si disperò pensando alla mamma e agli innumerevoli fratellini e amichetti che sembravano persi per sempre. Fino a quando, tutto quel caos terminò e si ritrovò nella penombra e nel silenzio di una stanza. Ben non ebbe nemmeno il modo di curiosare intorno, perché venne prelevato dal sacchetto e fatto scivolare in una vasca neanche tanto grande, forse appena un po’ di più dell’involucro trasparente nel quale era stato trasportato. Per sua fortuna, era ancora un pesciolino molto piccolo, altrimenti non avrebbe avuto lo spazio per muoversi. Dalla sua nuova casetta rotonda e di vetro era in grado di guardarsi in giro e quello che scoprì lo lasciò sbalordito. Aveva sempre avuto attorno a sé un ambiente ricco di colori e di suoni che considerava piacevoli, visto che erano quelli degli altri animali presenti nel negozio ai quali era abituato da quando era nato. In quel momento Ben si trovava in una piccola stanza con tanti oggetti strani che non aveva mai visto prima e circondato da assoluto silenzio. Mentre prendeva confidenza con il nuovo ambiente, scorse all’improvviso una grande vasca, molto simile a quella del negozio in cui era lui nato e all’interno tantissimi pesci come lui. O meglio, non proprio come lui, ma almeno appartenenti al mondo marino. Ben sospirò di sollievo. Perlomeno, si disse, non era del tutto solo. Gli altri sembrava non si fossero nemmeno accorti del suo arrivo e allora, Ben, tentò di attrarre la loro attenzione. «Ehi, amici mi sentite?» gridò, nuotando disperatamente, per quanto fosse possibile nello spazio ristretto della bolla di vetro. Inutilmente si sbatté, quell’acquario era troppo lontano e nessuno sembrava sentirlo o percepire i suoi sforzi. Provato dalle molteplici emozioni, ben presto, il pesciolino esaurì le sue forze e si posò sul fondo addormentandosi all’istante. Chissà quanto tempo dormì…Fu una strana sensazione a destarlo. Ancora intontito, intravide due occhi grandissimi che lo stavano osservando attraverso il vetro. Chi era il nuovo mostro che lo stava studiando? Il piccolo Ben venne di nuovo sopraffatto dal terrore. Ora gli occhi che lo scrutavano erano diventati quattro, ma fu con un sospiro di sollievo che si rese conto di quanto fossero vispi e ridenti. All’improvviso fu del tutto sveglio e, guardando attentamente, notò che quegli occhi appartenevano a due cuccioli d’uomo, che scorgendolo sveglio iniziarono a saltellare, felici e sorridenti. I bambini gli sembrarono creature benevole e lui non poté fare a meno di sorridere a sua volta. «Ciao!» lo salutò la bimba «Come ti chiami?» Parrà strano, ma tra cuccioli ci s’intende sempre, a qualsiasi specie essi appartengano. Con una vocina un po’ incerta, il pesciolino rispose: «Beniamino, ma tutti mi chiamano Ben!» «Piacere Ben! Io sono Marta e lui è Tommy, il mio fratellino. Sai, quando ti abbiamo visto così sdraiato sul fondo, abbiamo temuto che fossi morto.» «Ero tanto stanco e ho avuto tanta paura oggi!» rispose Ben. «Ma ditemi, dove mi trovo?» «Sei a casa nostra Ben e stai tranquillo, qui sei tra amici. Dovrai stare solo qualche giorno in questa piccola vasca, poi ti metteremo nel grande acquario insieme agli altri pesci. Così avrai modo di farti nuovi amici.» Ben non rispose. Ma, con un profondo e tristissimo sospiro si adagiò di nuovo sul fondo piangendo. I bambini sul momento pensarono fosse una cosa naturale la reazione del pesciolino e che quando il loro papà avesse poi trasferito il piccolo nella vasca grande, gli sarebbe di certo passata la malinconia. Ma non fu esattamente così. Appena avvenne il trasferimento dalla vaschetta al grande acquario pieno di pesci festanti e premurosi, sembrò che Ben avesse ritrovato il suo carattere allegro. Infatti all’inizio sguazzò tra le grandi alghe, gli anfratti e le rocce, felicissimo di aver ritrovato gli spazi a cui era da sempre abituato, ma soprattutto i suoi simili. Tuttavia, passato l’entusiasmo iniziale, una grande malinconia s’impossessò di nuovo del piccolo, che dopo pochi giorni iniziò a deperire pian piano. continua…
Nel grande acquario erano presenti oltre parecchie varietà di pesci, anche due grandi astici dalla corazza nera e dall’aspetto imponente, alcuni scampi e un polpo dall’aria molto saggia. Tutti lo guardavano con apprensione. Ben si nutriva appena e aveva già perso la naturale vitalità di ogni cucciolo. Nuotava tutto il giorno desolatamente, avanti e indietro, facendo sempre lo stesso tragitto. Rispondeva gentilmente a chiunque si fermasse a parlare con lui, ma vitalità ogni giorno un po’ di più, e con l’energia smarriva anche la voglia di comunicare con gli altri. I bambini s’accorsero dopo pochi giorni delle condizioni del pesciolino, e cercarono in ogni modo di distrarlo per strapparlo all’apatia in cui era caduto. Ma Ben non reagiva a nessuna esortazione né da parte dei pesci, né da parte dei suoi amici, e un malaugurato giorno lo si vide adagiare definitivamente sul fondo dell’acquario e nessuno riuscì più a convincerlo di tornare a nuotare. Marta e Tommy, che si erano affezionati subito, percepirono il pericolo a cui, inesorabilmente, andava incontro il loro piccolo amico e si disperarono per lui. E, forse, fu per pura empatia che persero a loro volta l’appetito e la voglia di giocare. Una grande malinconia scese ad avviluppare quella casa, tanto che i genitori iniziarono a preoccuparsi seriamente per la salute dei loro bambini. Interrogata sui motivi di tanta tristezza, Marta raccontò loro del pesciolino malato di malinconia. Mamma e papà sottovalutarono la gravità della situazione e si limitarono a redarguire i figli sollecitandoli e spronandoli con nuovi giochi e nuove iniziative. Ma le cose nell’acquario andarono peggiorando, finché un giorno nella vasca, Orazio il polpo saggio, riunì tutti gli abitanti e rilasciò un comunicato sulla salute di Ben: «Amici! Non nascondo la mia preoccupazione per le condizioni di questo piccolo. Ben non si nutre adeguatamente e non risponde a nessuna sollecitazione. Deperisce sempre di più e, se non facciamo qualcosa, presto lo perderemo. Chiunque creda di avere buoni suggerimenti è pregato di parlare.» Si fece avanti l’astice che si chiamava Charlie. La sua spessa corazza nera e lucida lo faceva apparire davvero imponente e granitico donandogli un aspetto che incuteva soggezione se non timore. Schiarendo il gran vocione Charlie, cominciò a dire la sua: «Ragazzi, credo che qui occorra solo una magia per salvare questo cucciolo!» Ma subito dopo aver fatto la sua “salomonica” dichiarazione arretrò, arrossendo visibilmente avvertendo l’occhiataccia riservatagli da Terry, sua moglie, che a sua volta si fece avanti e disse: «Perdonate amici carissimi! Sono convinta che più di una magia ci occorra un’idea costruttiva e risolutiva. E al più presto anche!! In realtà qualcosa in mente l’avrei, ma non so quanto possa essere realizzabile. Ciò nonostante la sottopongo al parere di tutti quanti voi, che dopo aver valutato, mi direte!» Diede un altro sguardo inceneritore a suo marito e continuò: «Ho pensato che l’unica soluzione per salvare il nostro Ben, sia quella di riportarlo in ampi spazi dove possa di nuovo cominciare a nutrirsi e a nuotare, dove possa incontrare nuovi amici, e tornare così a giocare come è naturale per tutti i cuccioli come lui, ma che soprattutto, torni a sguazzare in piena libertà…» Alla parola libertà, si concesse un attimo di pausa, più che altro per vedere che tipo di reazioni avesse il gruppo numeroso e vario che componeva il suo auditorium. Nel silenzio generale, Terry continuò: «Credo che la soluzione migliore sia che alcuni di noi, i più coraggiosi e i più fidati, lo accompagnino in quello che prevedo un viaggio ricco d’incognite e di pericoli di ogni tipo, per cercare di riportarlo a quelle origini che non ha mai avuto la fortuna di conoscere…» e tratto un grande respiro terminò «In poche parole, dobbiamo tentare di riportarlo al mare!» Come previsto, quest’ultima affermazione fu accolta con un attimo di sbigottimento, subito sostituito da un gran vociare e da un fitto confabulare. E fu il paguro chiamato Orazio che intervenne, sbattendo un sasso contro un sasso a mo’ di martelletto, per attrarre l’attenzione e ristabilire la calma e l’ordine tra i presenti: «Silenzio, amici, vi prego!! Lasciamo che la signora Astice ci esponga tutta la sua idea per la salvaguardia del piccolo Ben!» Questa volta Terry, nuovamente chiamata in causa, parve meno sicura e, imbarazzatissima, cercò di spiegare la sua idea: «Avevo pensato a un viaggio, in una piccola vasca a tenuta stagna, immessa nella rete idrica della città, e da lì nel fiume che sfocia al mare, ma sinceramente i particolari tecnici e le difficoltà da superare, non riesco proprio a immaginarli.» Orazio e tutti gli altri ascoltavano attenti, ma nessuno aveva le conoscenze appropriate per affrontare l’argomento con tutte le sue problematiche e fu in quel momento di sconcerto e di naturali dubbi, che qualcuno si ricordò dei bambini. L’attenzione di tutti i pesci e i molluschi presenti, si spostò sui due ragazzini rimasti in attesa, silenziosi e attenti a quanto stava accadendo nell’acquario. Marta e Tommy sentendosi interpellati, si guardarono l’un l’altro indecisi. L’idea della signora Astice era senz’altro apprezzabile, anche perché era l’unica, anche se ricca di difficoltà che apparivano insuperabili per due ragazzini come loro. Come fare? continua…
«Perché non chiediamo a papà?» domandò Marta «Lui saprebbe senz'altro trovare una soluzione!»«Comunque Ben non potrebbe viaggiare da solo. Sarebbe troppo pericoloso e dovrebbe essere scortato.» rispose Tommy con aria saputa.«Già...non ci avevo pensato! Allora sarà difficile che papà ci dia il suo consenso. “mormorò la ragazzina, con tono afflitto.Tommy rifletté qualche istante, poi il suo viso assorto s'illuminò:«Ma sì...in fin dei conti cosa abbiamo da perdere? Al massimo si arrabbia e ci nega il suo aiuto.» sentenziò.Così i due, al rientro del padre dal lavoro, provarono a convincerlo sulla gravità della situazione e dell'importanza vitale che assumeva il trasferimento di Ben verso il mare. Ma l'uomo non accettò di buon grado l'idea di perdere una vasca con buona parte dei suoi costosi abitanti e mostrò subito una certa reticenza a collaborare.Per fortuna ci pensò la mamma a convincerlo che non si trattava solo della salute del pesciolino, ma che dalla sua decisione sarebbero dipese anche la salute e la serenità dei loro figlioli. Messo alle strette, il buon papà si trovò a dover riflettere sulla questione, cercando di risolvere i naturali problemi che un viaggio del genere avrebbe comportato.Ma fu un’altra volta la mamma a intervenire suggerendo un’idea talmente repentina e luminosa, che il suo viso risplendette in un sorriso abbagliante.«Che ne diresti di un viaggio via aerea, invece che quello molto difficoltoso attraverso le condotte sotterranee?» domandò sibillina.La guardarono tutti stupiti e lei, sempre sorridendo aggiunse, rivolgendosi al marito:«Sei iscritto al club degli amatori piloti di mongolfiera. Potremo caricare l'acquario sull’aerostato più grande dell'associazione e, con un numero ridotto di persone, con un rischio calcolato al millesimo e venti favorevoli, in pochissimo tempo, potremo arrivare alla spiaggia più vicina, atterrare e da lì con le dovute cautele, potremmo rilasciare i nostri piccoli amici.»Il papà accolse quella trovata con un'aria tra l'incredulo e lo scettico, ma i bambini saltellando gioiosamente, salutarono l'idea della madre con grida d'esultanza:«Evviva! Finalmente si va in mongolfiera!!» E nonostante la sua reticenza, l'uomo dovette infine accettare l'idea sia della mongolfiera, sia del battesimo di volo per i suoi bambini e per l'acquario.Superfluo descrivere l'incertezza e lo stupore degli abitanti della vasca, che non solo ignoravano cosa fosse una mongolfiera, ma che non conoscevano nemmeno il significato della parola” volare”. E quando i bambini spiegarono loro cosa intendessero i genitori, un brivido di terrore percorse tutti i presenti al raduno.Tuttavia, la speranza e la possibilità reale di salvare la vita al piccolo Ben, unita alla possibilità di ritrovare quella libertà perduta per la maggior parte di loro da cuccioli, aiutarono la piccola comunità acquatica a superare ogni timore e, con sorprendente e rinnovato slancio, affidarono le loro vite e il loro futuro, nelle mani degli umani.Fu così che il papà organizzò in poco tempo e con l'aiuto di un collega, pilota di mongolfiere, l'ardimentoso e straordinario volo verso il mare.E così, in una tiepida alba di primavera si vide un coloratissimo enorme pallone con la sua cesta pendula prendere il volo verso un cielo rosato e limpido, che andava pian piano schiarendo all'orizzonte, mentre le ultime stelline ritardatarie, lasciavano restie il loro posto al sole nascente.Ben, ormai indifferente a tutto, si era addormentato appena partiti, ma si destò al primo, forte scrollone dato da un vento molto dispettoso, ma resosi conto del contenuto prezioso della cesta, lo stesso vento si prodigò poi a sospingere lievemente l'intero e straordinario equipaggio dell'enorme pallone.Pensate bambini! Non ci credereste, ma quella cesta, meraviglia delle meraviglie, fu ideata in un blocco di cristallo limpidissimo e leggerissimo, proprio per fare dono ai viaggiatori che si avventuravano in quei voli arditi, di uno spettacolo mozzafiato.Il terrore del vuoto e le vertigini assalirono gran parte degli abitanti dell'acquario che si rintanarono tremanti nelle loro dimore, tra gli anfratti. Ma per Ben non fu così! E nemmeno per i suoi piccoli amici.Il pesciolino si riscosse subito dall'apatia in cui era caduto e, seppure molto debole, non poté che rimanere strabiliato dallo spettacolo che la natura offriva a tutti quanti loro.Fu un'esperienza indimenticabile anche per i bambini. In quell’occasione eccezionale si videro persino interi stormi di uccelli rompere le formazioni lineari e compatte del loro volo, per andare a curiosare quello strano fenomeno.Al passaggio del maestoso vascello dei cieli, ma soprattutto alla vista di ciò che conteneva, rimasero tutti sbalorditi. Nel cielo si espansero alte strida di gioia che salutarono il pesciolino “volante” e lo scortarono durante tutto il lungo tragitto fino al mare.Quando delicatamente il pallone si posò sulla spiaggia ancora deserta, era pomeriggio inoltrato e il sole già cominciava la sua lenta discesa, ma la luce era ancora tanta e illuminava uno scenario incantevole.I bambini furono i primi a scendere, seguiti dai due piloti, che trasportavano il pesante acquario.Quando a riva venne il momento dei saluti e delle raccomandazioni, lacrime d'intensa commozione scesero sui visi di tutti i presenti. Persino gli astici e Orazio, il polpo saggio, piansero, e Ben finalmente felice, si strinse in un abbraccio lungo e affettuoso ai suoi piccoli amici, prima di girarsi definitivamente verso... un mare di nuove avventure!! Fine
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