A Te maestosamente donna
Soavi e altalenanti grazie
il fluttuar corpo, libellula
Tu sei
ed il librar quell’ali,
dei tuoi seni il tremor
lo scuoter flessuoso andar
quell’anche
di punta e tacco…
è tuo
il poter marcare mio respiro
il rendermi ansia
di quelle trattenute a malapena,
quel sussultare tuoi fianchi.
Ed io respiro la tua aria,
Tua e mia bocca
in timbriche assonanze
pende mio labbro
dal sinuoso corpo,
voglia che fa arsura,
com’acqua da gustare
in stille celestiali
disperso nel deserto,
della tua fonte
ne farei oasi…
la tua frescura mi è letale
eppur io t’amo e bramo.
Quale sarà mia vita
da isolato pazzo
fantasma umano che veleggia
al giorno
senza l’ombra che drappeggia
tua figura
se almeno tu non cenni assenso
a questo digiunare
dammi vita.
Sarai frescura e fonte
mia rugiada
sposa
in quel defluir organza
che
di brace l’arsa mia prestanza
toglie il paglierin oliato velo
ai dubbi,
di nullità e possanza.
Vorrei di grazia
veleggiar quell’onda
e
profferir d’amor fremendo
avvolto alle tue curve
tra Tue spire
vo sturbando…
tanto è caro l’ansimar
che sta gonfiando in petto
ed io in te, sprofondo e annego.
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