A te, viandante sordo
è al tempo del raccolto
la sorpresa
quando giunge la nuova
“a te la pula
sappi del grano
che l’hanno già rubato
qui c’è l’ortica
il bruco ha divorato l’insalata
e la dispensa è vuota
di tutte le conserve per l’inverno
c’è solo un osso
e questo suo candore levigato”
e ti rimetti
allora
la tua tuta
col petto in fuori come corazzato
decisa a seminare nel tuo campo
che non conosce trame per recinti
senza un paletto che limiti il confine
solo l’essenza pura dei colori
dei suoni e degli odori genuini
e una preghiera
d’appendere a quel ramo ch’è il più basso
perchè v’inciampi
tu
viandante sordo
“non calpestarmi con chiodate suole
e non sporcarmi il suolo con lo sterco
della tua terra curata in apparenza
e in strati stesi in prati di finzione
stattene buono
a rimirare il caldo del mio grano
ad annusare il fresco di verdure
palpando odori in frutti colorati
al gusto d’ogni canto che si spiega
sotto il mio cielo
che terso o nuvoloso
brilla sempre d’azzurro
quello vero”
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