ATEMPORA
Nel trambusto di mediocri pendolari
eri il mio corrimano
di raso,
la vite sbagliata all’incavo
adattata al caso.
Ora
che al tocco
risuona vuota la vita
mi riparo
dal destino e i suoi soprusi
annegando la mia stanza
in un celeste d’occhi chiusi,
sciogliendo spazio e tempo
in un celere dispendio
di sensi
ormai consunti
dall’eccesso d’uso.
Preziose trasparenze,
mie rimembranze
vagano,
atte in me
a graffiare
un tuo segno labile
d’assoluto
come a riva
il palpebrare del mare.
Col tremore di un passo malcerto
si parte all’assalto
spezzando gli assedi
dell’io all’io,
cercando,
in un celeste di stanze chiuse
finestre di speranza
che diano l’azzardo
di una sorpresa.
Ma con gli occhi di bianco dipinti
eravamo gia’ morti.
Per questo, non per altro
era vana l’attesa.
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