“Nun è ‘o culore d”a pelle ca te fa bello, ma chello ca tiene din’ ‘o core e tire afore”
Dudù sapeva di mare anche d’inverno, quando la pioggia cade bianca o quando non piove, ma l’aria lo stesso bagna. Dudù aveva gli occhi neri, che si vedono anche al buio, quando la luna è spenta e non ci sono stelle. Dudù aveva il sogno di essere leggera, per volare su un aquilone, oltre i confini di quel deserto, dove la sabbia le sbatteva addosso e la teneva inchiodata alla terra, tra la scura indifferenza o l’accanirsi della gente. Dudù aveva la pelle nera come la notte, quando il silenzio fa paura meno del rumore degli sguardi, quando il respiro non si affanna a cercare un altro fiato. Intanto, il sole volgeva e rivolgeva il suo volto al mondo, che continuava a girargli intorno. Intanto, lo stesso ieri, diveniva un nuovo giorno. Dudù aveva la pelle nera, gli occhi neri e sapeva di mare anche quell’alba, quando con la sua veste rosa, si fermò sulla scogliera, inseguendo il sogno di liberarsi da quella prigione, con la leggerezza di un aquilone.
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Saranno le tue mani a tessere i sorrisi e quel senso di pudore da svelare nei tremiti nascosti le pieghe delle tue paure, sola tra attimi sopiti e nodi in gola ti apri al desiderio, i veli tu discosti
E di te l’ardente morsa l’impresso tuo angolo represso artiglia fiero ogni tua risorsa tra il palpito che geme e chiama sesso…
Resta impressa l’orma al talamo soave di quell’onda, sprona voglia, nuove brame or che le tue guance han morbidi sorrisi lieve scende un muto abbraccio…
Quale oblio, tue labbra ed io tumide le carni al dolce incanto l’umido dei sensi ci pervade, un canto l’estasi di noi l’amar contento…
Se le stelle avessero l’inchiostro, il cielo sarebbe un foglio pieno di parole. Se il mare fosse un pentagramma, ogni sua goccia sarebbe una nota. Se il tramonto avesse una matita, ogni suo colore sarebbe un dipinto.
Se io potessi, prenderei le parole, per farne una poesia, le onde, per farne una melodia e la sera, per farne un arcobaleno.
Intanto, aspettando che la realtà rinasca fantasia, guardo il mare, sotto le prime stelle che fanno l’occhiolino all’imbrunire della sera.
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S’avvorsero de panni st’istrioni buffi pe’ l’ora de li balli tutti tinti…
de’ maschere s’attinsero pe’ annisconne er grugno liggeri come fussero de giugno se posero du’ veli pe’ fa mistero
ce volsero li giorni pe’ mette su teatrino co’ l’addobbi ce vorse su er quattrino che er tempo mascherò de quell’adorni
vennero li balli e le presentazzioni sonò quer campanello er sigillo de’ le trasformazzioni poi tutt’in fila pe le presentazzioni
er ballo poi l’inchino ar preesistente avanti a tutti e ar presidente se presentò er mago a giostrà quer teatrino manco fosse un drago de li grugni tutti brutti, fece belli e chiuse quer sipario de’ faine e lupi pe’ sporpà l’agnelli!
Titolo: Il Carnevale genere:iperbolica ironico , vernacolo romanesco
Si misero vestiti questi istrioni buffi per l’ora dei cambiamenti tutti impettiti…
si vestirono di ufficialità per nascondere l’impaccio puliti come fossero in estate si fissarono propositi per non far mistero
ce ne vollero di giorni per mettere su il compromesso per gli accordi ci volle il signor quattrino che il tempo ha forgiato in quegli accordi
vennero gli intrighi e le presentazioni trillò quel campanello il passaggio delle consegne poi tutti in fila a fare i giuramenti
la prassi e poi l’inchino all’ex presidente avanti a tutti il nuovo un vero mago potente da giostrare un nuovo accordo che dei visi scuri fece divenire belli così concluse quel sipario di affaristi e furbi politicanti maghi del loro tornaconto!
Il vernacolo è per i palati che riescono ad interpretare l’uso delle parole di origine popolare e che mi scuso perché ho dovuto accomodare la traduzione ai veri significati espressi!